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1. Introduzione
Uno dei settori che più duramente ha subito le conseguenze negative della pandemia da Covid-19 è, senza dubbio, quello dei trasporti aerei. Infatti, le misure adottate dai vari governi nazionali al fine di prevenire la diffusione del virus hanno inevitabilmente comportato la limitazione massiccia (e talvolta totale) degli spostamenti, impattando in maniera estremamente significativa sui bilanci delle compagnie aeree. Le stesse, infatti, si sono ritrovate, da un giorno all’altro, a dover fronteggiare non solo le criticità finanziare derivanti da un flusso di cassa forzatamente azzerato quale conseguenza della totale inoperatività, ma anche a dover fare i conti con le richieste di una infinità di passeggeri volte all’ottenimento non solo del rimborso dei biglietti aerei cancellati causa COVID – 19, ma spesso anche della compensazione ex Reg. 261/04 o del risarcimento dei danni ai sensi della Convenzione di Montreal del 99.
Senza voler entrare nel merito di un altro tema senza dubbio caldo ed interessante (vale a dire quello della doverosità o meno della compensazione o del risarcimento in caso di voli cancellati per coronavirus), la circostanza del proliferare estremo di fascicoli relativi a controversie tra passeggeri e compagnie aeree sulle scrivanie dei Giudici di tutta Italia risulta essere un’ottima occasione per cercare di fare chiarezza su un aspetto che molto spesso – purtroppo – non viene affrontato con la dovuta attenzione, creando non poca confusione tra gli operatori del diritto; ci si riferisce, in particolare, al tema della competenza territoriale del giudice adito nelle cause tra passeggeri e compagnie aeree.
Per coloro che operano a stretto contatto con il diritto della navigazione, infatti, non risulterà una novità l’aver a che fare quasi quotidianamente con atti di citazione incardinati presso il foro del domicilio del passeggero.
Orbene, una recentissima pronuncia della Corte di Giustizia Europea pare aver finalmente fatto chiarezza sul tema della competenza territoriale in materia di trasporto aereo, censurando – si spera una volta per tutte – la deprecabile attitudine di incardinare le controversie tra passeggeri e compagnie aeree innanzi al foro del domicilio dell’attore, spesso sull’erroneo presupposto che alle controversie de quibus debba applicarsi la disciplina del consumatore o la disciplina delle obbligazioni c.d. “portable”.
2. La competenza territoriale in caso di richieste ex Reg. CE 261/04
Con la sentenza CGUE del 7 novembre 2019, C-213/18, (di seguito, per comodità, “Sentenza”) la Corte di Giustizia Europea ha avuto modo di chiarire ed esplicare in maniera quantomai cristallina quali siano le regole di procedura da seguire per individuare non solo la giurisdizione, ma anche, e soprattutto, la competenza del giudice, in materia di contratto di trasporto aereo.
Orbene, differenziando tra richieste risarcitorie ai sensi del Reg. CE 261/04,[1] da un lato, e richieste risarcitorie ai sensi della Convenzione di Montreal del 1999, dall’altro, la Corte ha spiegato come, nel primo caso, la competenza debba individuarsi ai sensi del Reg. UE 1215/12, mentre nel secondo caso la competenza territoriale (e non meramente la giurisdizione)[2] debba essere individuata ai sensi dell’art. 33 della medesima Convenzione di Montreal.
In particolare, con riferimento alle richieste avanzate in base al Reg. CE 261/04, posto che lo stesso nulla dice in tema di competenza e giurisdizione, ai fini dell’individuazione del giudice competente dovrà necessariamente farsi riferimento al Reg. UE 1215/12 “concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale”. A tal proposito, operando un richiamo a precedenti pronunce già dettate con riferimento al Reg. CE 44/01 (diretto predecessore del Reg. UE 1215/12),[3] la Corte di Giustizia ribadisce come all’attore sarà data, unicamente, la scelta tra il foro del domicilio del convenuto (art. 4, Reg. UE 1215/12) o il foro del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata, o deve essere, eseguita (art. 7, Reg. UE 1215/12).
Con riferimento al concetto del luogo di esecuzione dell’obbligazione, tuttavia, si rende necessaria una precisazione. Occorre, infatti, evidenziare come l’obbligazione dedotta in giudizio, e conseguentemente il relativo luogo di esecuzione, vada individuata con esclusivo riferimento al contratto sottoscritto tra le parti e non con riferimento alle pretese attoree. Ne discende che non bisogna cadere nell’errore di ritenere che, siccome l’attore richieda il pagamento di una somma di denaro, allora l’obbligazione dedotta in giudizio sia una obbligazione c.d. “portable”.[4] L’obbligazione dedotta in giudizio è quella obbligazione in base alla quale è sorto il rapporto tra le parti e dunque, nel caso in esame, l’obbligazione dedotta in giudizio consiste nel contratto di trasporto aereo, dovendosi prendere primariamente in considerazione la prestazione c.d. caratteristica. Coerentemente con ciò, la Corte di Giustizia ha più volte ribadito come, in materia di contratto aereo, il luogo di esecuzione del contratto vada rinvenuto, a scelta dell’attore, nel luogo in cui si trovano l’aeroporto di partenza o di arrivo,[5] poiché tali sono i luoghi che presentano il collegamento più stretto con il contratto di trasporto aereo.
Alla luce di quanto sopra, stando al testo del Reg. UE 1215/12, è ben evidente che il passeggero potrà citare la compagnia aerea esclusivamente scegliendo tra (i) il foro del domicilio del convenuto oppure (ii) foro del luogo in cui si trovano l’aeroporto di partenza o di arrivo.
In aggiunta a quanto sopra, inoltre, ed a scanso di qualsiasi equivoco, si tenga presente che, come anche rammentato dalla Corte, il testo del Reg. UE 1215/12 sia indiscutibile nell’affermare che, in materia di trasporto aereo, la disciplina del consumatore si applichi esclusivamente laddove il contratto di trasporto aereo sia combinato con un contratto di alloggio, per un prezzo globale.[6]
Tale ultimo punto risulta di fondamentale importanza perché dimostra che lo stesso Reg. UE 1215/12, che nei propri considerando prevede espressamente la possibilità di deroghe specifiche a tutela del consumatore,[7] al tempo stesso non ricomprende nella nozione di consumatori i passeggeri che acquistino esclusivamente un contratto di trasporto slegato da un relativo contratto di alloggio, per un prezzo globale.
Pertanto, la scelta già evidenziata supra tra foro del domicilio del convenuto o foro del luogo di esecuzione del contratto rimane l’unica alternativa consentita al passeggero che abbia concluso un contratto di trasporto con una compagnia aerea ed intenda azionare un diritto ai sensi del Reg. Ce 261/04.
3. La competenza territoriale in caso di richieste ex Convenzione di Montreal del 1999
Per quanto concerne, invece, le richieste motivate in base al dettato della Convenzione di Montreal del 1999 (di seguito “Convenzione”), la Corte di Giustizia evidenzia che, in tal caso, la competenza vada individuata ai sensi della Convenzione stessa.[8] A differenza di quanto accade nel Reg. Ce 261/04, infatti, che nulla disciplina specificatamente in tema di competenza, la Convenzione di Montreal, all’art. 33, prevede dei criteri specifici per individuare il giudice deputato alla conoscenza delle controversie azionate ai sensi della Convenzione.
A tal proposito, la Corte supera espressamente i precedenti orientamenti interpretativi, secondo i quali la Convenzione di Montreal all’art. 33 individuava esclusivamente criteri di scelta della giurisdizione lasciando impregiudicati i criteri di competenza interni a ciascuno Stato,[9] ed afferma chiaramente come l’art. 33 debba essere interpretato nel senso di disciplinare anche i criteri di ripartizione della competenza interna, in virtù della specialità della materia.[10]
A ben vedere, infatti, analizzando la versione inglese della Convenzione,[11] si legge che “An action for damages must be brought, at the option of the plaintiff, in the territory of one of the States Parties, either before the court of the domicile of the carrier or of its principal place of business, or where it has a place of business through which the contract has been made or before the court at the place of destination”.
I problemi interpretativi nascono dall’ambigua traduzione del costrutto “either…or”, in italiano semplicemente tradotto con “o…o”, che ha dato vita alla seguente ambigua formulazione “L’azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell’attore, nel territorio di uno degli Stati parti, o davanti al tribunale del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o davanti al tribunale del luogo di destinazione”. Nella versione italiana, infatti, potrebbe erroneamente intendersi la “o” nel senso di “oppure” dando dunque vita alla seguente interpretazione “L’azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell’attore, nel territorio di uno degli Stati parti, oppure davanti al tribunale del domicilio del vettore oppure della sede principale della sua attività o del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, oppure davanti al tribunale del luogo di destinazione”. Così erroneamente interpretando, si è spesso ritenuto che l’attore avesse la scelta tra (i) incardinare il giudizio davanti ad uno dei fori specificatamente individuati (del domicilio, della sede principale o del luogo di destinazione) oppure (ii) all’interno del territorio di uno degli Stati parti (inteso come giurisdizione), rimanendo tuttavia libero di scegliere il giudice da adire, nell’ambito delle possibilità procedurali consentite dall’ordinamento scelto.
In realtà, la versione inglese risulta molto più chiara laddove il costrutto “either…or”, sta esattamente ad indicare una scelta obbligata. Pertanto, la corretta interpretazione prevede che l’attore, fermo restando la necessità di azionare la pretesa nel territorio di uno degli Stati Parti, dovrà necessariamente agire “o” davanti al tribunale del domicilio del vettore “o” della sede principale della sua attività “o” del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, “o” davanti al tribunale del luogo di destinazione”.
Tale interpretazione viene fatta propria dalla Corte di Giustizia nella Sentenza, laddove si chiarisce che l’art. 33 “disciplini altresì la ripartizione della competenza territoriale fra le autorità giurisdizionali di ciascuno degli Stati parti”.[12]
Chiarito ciò, appare evidente come anche per le controversie in cui vengono azionate pretese ai sensi della Convenzione, il foro del c.d. consumatore non potrà essere ritenuto competente, dato che l’applicazione dell’art. 33, porterà all’individuazione di svariati fori, tra i quali non sarà in ogni caso ricompreso quello relativo al domicilio dell’attore (se non per casi meramente fortuiti in cui lo stesso coincida con uno di quelli indicati dall’art. 33).
4. Conclusione
Sulla base di quanto esposto, può dunque concludersi affermando che un passeggero potrà citare una compagnia aerea presso il proprio domicilio, invocando la disciplina del consumatore di cui al d.lgs 206/05, solo ed esclusivamente laddove stia (i) azionando una pretesa ai sensi del Reg. Ce 261/04 e (ii) abbia acquistato, per un prezzo globale, un contratto di trasporto aereo ed un contratto di alloggio.
Nei casi in cui, invece, stia adendo le autorità giudiziarie al fine di richiedere la compensazione ex Reg. Ce 261/04 o il risarcimento del danno ex Convenzione di Montreal del 1999, dovrà rivolgersi ai giudici competenti in base alla normativa di riferimento, che in ogni caso non prevede il foro del consumatore quale foro competente.
Infine, si rende necessario sottolineare come dal ragionamento operato dalla CGUE nella Sentenza derivi un ulteriore rilevantissimo risvolto pratico. Infatti, quanto sopra evidenziato dovrà trovare necessaria applicazione non solo nei casi in cui il passeggero agisca solo ai sensi del Reg. 261/04 o solo ai sensi della Convenzione, ma anche – e persino – nei casi in cui il giudice di uno Stato Membro venga investito di un’azione diretta ad ottenere, al contempo, sia il rispetto dei diritti forfettari ex Reg. Ce 261/04, sia il risarcimento del danno ai sensi della Convenzione. In tali casi – invero non infrequenti – il giudice dovrà valutare la propria competenza, in relazione al primo capo della domanda, in base al Reg. 1215/12, mentre in relazione al secondo capo, sulla base dell’art. 33 della Convenzione, poiché occorre sempre rammentare che si discute di due regimi di responsabilità separati e distinti del vettore aereo, che andranno, di conseguenza, conosciuti e valutati con riferimento, ognuno, alla rispettiva fonte normativa.
[1] Vedasi in merito l’art. 3 del Reg. 261/04, rubricato “Ambito di applicazione”.
[2] Precedentemente alla Sentenza, era discusso se la Convenzione di Montreal fissasse solo dei criteri di riparto della giurisdizione, o intervenisse anche a regolare la competenza territoriale interna degli Stati. Nel primo senso, si era espressa la Corte di Cassazione con sentenza 11183/2005, sostenendo che la Convenzione di Montreal attenesse esclusivamente all’individuazione della giurisdizione. Tale orientamento, tuttavia, è stato chiaramente superato dalla Sentenza in commento, alla luce di un’interpretazione non solo letterale e sistematica, ma anche costituzionalmente orientata al rispetto del quadro normativo comunitario.
[3] Vedasi sul punto: Corte di Giustizia UE, sentenza del 9 luglio 2009, C 204/08.
[4] Accade spesso, infatti, che le posizioni soggettive dei passeggeri vengano cedute ad apposite società di recupero crediti, tramite l’istituto della cessione del credito (anche se, a rigor di logica, si tratta, al massimo, di credito futuro dato che tale credito non è ancora venuto ad esistenza poiché l’inadempimento della compagnia aerea non è ancora stato accertato in giudizio). Ciò può erroneamente portare l’attore a ritenere di agire per l’adempimento di una obbligazione portable; in realtà, l’obbligazione diverrà tale solo a seguito della pronuncia di condanna del giudice nei confronti della compagnia aerea.
[5] cfr. Sentenza, par. 42.
[6] cfr. Sentenza par. 41, nonché art. 17, par. 3. Reg. UE 1215/12.
[7] Cfr. Considerando 14 e 18 del Reg. UE 1215/12.
[8] cfr. Sentenza, par. 43.
[9] Supra, nota n.2.
[10] cfr. Sentenza, par. 49 e seguenti.
[11] Tale analisi si rende necessaria in quanto l’italiano non è tra le lingue ufficiali in cui è stata redatta la Convenzione, pertanto, a scopi interpretativi, devono prendersi esclusivamente in considerazioni le versioni originali ed ufficiali, tra cui quella in lingua inglese. Non a caso, molti dei problemi interpretativi dell’art. 33, nascono proprio dall’ambigua traduzione del costrutto inglese “either…or”.
[12] cfr. Sentenza, par. 51.
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