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Alla luce delle semplificazioni introdotte dall’art. 9, comma 1-bis del D.L. n. 17/2022, convertito con modificazioni dalla L. 27 aprile 2022, n. 34, (cosiddetto “Decreto Energia”), è oramai possibile esperire la procedura abilitativa semplificata (“PAS”), prevista dall’art. 6 del D.Lgs. 28/2011, al fine di ottenere l’autorizzazione per:
- la costruzione e l’esercizio di impianti fotovoltaici fino a 20MW e delle relative opere di connessione alla rete elettrica di alta e media tensione localizzati in aree a destinazione industriale, produttiva o commerciale nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, per i quali l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione abbia attestato l’avvenuto completamento delle attività di recupero e di ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio nel rispetto delle norme regionali vigenti;
- l’installazione di impianti fotovoltaici da realizzare nelle c.d. aree idonee, comprese le aree dichiarate idonee ex lege (prima ancora dell’individuazione delle aree idonee), di potenza fino a 10 MW;
- l’installazione di impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione (di cui all’articolo 65, comma 1quater, del D.L. n. 1/2012 (L. n. 27/2012)), che distino non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale (art. 6, comma 9-bis, D. Lgs. 28/2011).
La PAS, introdotta da D. Lgs. 28/2011 come iter autorizzativo semplificato speciale per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di piccola taglia, trova oggi dunque una maggiore applicazione e, per tale ragione, con il presente approfondimento si intende fornire alcune brevi indicazioni agli operatori del settore circa i principali rischi autorizzativi connessi all’utilizzo di tale strumento.
Secondo lo schema normativo, la procedura abilitativa semplificata prende avvio con il deposito al Comune da parte del privato di una dichiarazione, da presentarsi almeno trenta giorni prima dell’inizio dell’intervento, “accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie” (cfr. art. 6, comma 2, del D. Lgs. 28/2011). Ove siano richiesti ulteriori pareri o atti di assenso, questi devono essere prodotti dal privato ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione.
Il Comune di riferimento deve, dunque, svolgere le verifiche del caso al fine di verificare la sussistenza delle condizioni di cui al citato comma 2 entro trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione e in caso di esito negativo dei controlli può vietare l’esecuzione dell’intervento entro tale termine. Ove questo sia decorso, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D. Lgs. 28/2011, “l’attività di costruzione deve ritenersi assentita”. In virtù di tale locuzione un recente orientamento giurisprudenziale ha ritenuto di poter qualificare la PAS alla stregua di un provvedimento tacito formatosi per silenzio assenso (cfr. Cons. Stato, 14 marzo 2022, n. 1754), diversamente per quanto accade per la DIA che rappresenta un atto privato produttivo di effetti autorizzativi e non un provvedimento tacito direttamente impugnabile (cfr. art. 19, comma 6ter, della L. n. 241/1990). Tuttavia, tale orientamento non può ritenersi ad oggi consolidato non mancando decisioni di senso opposto che equiparano la PAS alla DIA.
Nell’ipotesi in cui il privato, poi, non abbia allegato gli ulteriori atti e pareri necessari, il Comune deve convocare una conferenza dei servizi per acquisirli. In tal caso il procedimento si concluderà con un provvedimento espresso, connesso all’esito favorevole della conferenza dei servizi. Qualora, poi, l’amministrazione competente non ravveda erroneamente alcuna carenza nell’istanza del privato e, dunque, non convochi la conferenza dei servizi, la PAS si perfezionerà per effetto del decorso dei trenta giorni dal deposito della dichiarazione del privato, ma resterà priva di effetti.
Pertanto, a seconda della ricostruzione di cui sopra è possibile concludere che:
- nel caso di PAS perfezionatasi solo per effetto della dichiarazione presentata dal privato e per decorso del termine di 30 giorni per l’esercizio da parte del Comune dei poteri di controllo e di inibizione dall’avvio dell’attività, sono ravvisabili due profili di rischio:
- il primo collegato all’eventualità che la PAS sia priva di elementi essenziali e, dunque, priva di effetti,
- il secondo collegato al fatto che – nelle more del consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale poc’anzi accennato secondo cui la PAS sarebbe qualificabile come provvedimento tacito e, quindi, impugnabile nei termini ordinari di 60/120 giorni – soggetti terzi possano esperire, entro 12 mesi dalla data di presentazione della dichiarazione da parte dell’istante, l’azione ex art. 31, commi 1, 2 e 3 del D. Lgs. 104/2010 volta a far accertare l’illegittimità del silenzio/inerzia dell’amministrazione nell’esercizio della sua attività di controllo.
- nell’ipotesi in cui, invece, la PAS si concluda con un provvedimento espresso, il rischio è limitato al decorso degli ordinari termini di impugnazione (60/120 giorni decorrenti dall’avvio dei lavori, ovvero dalla loro conclusione, a seconda delle peculiarità del caso) e di intervento in autotutela da parte dell’amministrazione (12 mesi decorrenti dall’adozione del provvedimento).